Alla luce delle nuove disposizioni, vigenti fino al prossimo 24 novembre, Ginger si adegua senza intaccare minimamente sicurezza e qualità, come oramai attuato fin dalla fine del primo lockdown.
Il momento è difficile e la tutela della salute viene prima di tutto ma non capiamo bene la logica di questi provvedimenti
Siamo APERTI A PRANZO il sabato e la domenica dalle h 13,00 alle 15,30
Il SERVIZIO DI ASPORTOda martedì a domenica dalle h 20,00 alle 22,00 Tutte le sere, puoi ordinare i tuoi piatti preferiti e passare a prenderli quando vuoi Sceglili tra quelli indicati con # dal nostro menù online
Date un’occhiata anche alla nostra carta dei vini e delle birre artigianali http://www.gingerpeoplefood.com/menu/ – tel.0922596151
Noi non ci arrendiamo e proveremo a sopravvivere fino all’ultimo respiro!Molto dipenderà anche da voi Inshallah!
Ebbene, siamo arrivati a 4 anni di vita. Un percorso, fin quì, difficile, costato sacrifici immensi, con delusioni ma, soprattutto, tanti successi e riconoscimenti. Tutto questo grazie a tutti i lavoratori e soci che non hanno mai lesinato impegno e condivisione nel percorso intrapreso. Anche quest’anno a tutti loro va il nostro “grazie” : senza il loro lavoro non saremmo arrivati fin quì
Un altro ringraziamento speciale va a tutti i nostri cienti e amici che hanno creduto e continuano a credere in noi, ad apprezzare la nostra cucina e circondarci di stima ed affetto
Quest’anno abbiamo vouto essere sobri, anche a causa Covid-19, e voluto dedicare la nostra locandina celebrativa al Peskador di Favara, dolosamente bruciato qualche giorno fà ad opera di ignoti. Non è con le fiamme che si spegne lo spirito di accoglienza millenario di un popolo, il nostro, meticcio e multiculturale da sempre. Andiamo avanti!
Siamo ripartiti con il servizio ai tavoli e dal prossimo venerdì accoglieremo i nostri clienti nella splendida terrazza di fronte al ristorante, con vista sullla Valle dei Templi e sul Mare Mediterraneo.
Iniziamo così la nostra estate, garantendo le distanze, all’aria aperta, per potere gustare in serenità le prelibatezze della nostra chef Mareme Cisse
Nei prossimi giorni arriviamo a casa vostra anche con Socialfood.
Solo per le consegne a domicilio sarà possibile ordinare due menù appositamente pensati dalla nostra chef Mareme Cisse. In particolare sarà possibile gustare lo Chawarma menù e il Sama Yaye menù, in esclusiva per Socialfood. https://www.socialfood.it/agrigento/ginger-people-food
Al Kharub è una cooperativa sociale che si occupa di inserimento lavorativo di persone con svantaggio. Portiamo avanti un progetto di apicoltura, contribuendo a tutelare l’Ape nera sicula dall’estinzione, nella Valle dei Templi, e uno di Ristorazione,Ginger-people&food, con una cucina afro-siciliana, ad Agrigento. Il lockdown ci ha costretto a chiudere il ristorante e mettere i dipendenti in cassa integrazione, non abbiamo più avuto mercato per la vendita del miele. Adesso, dopo questi mesi di chiusura, stiamo provando a ripartire ma abbiamo bisogno del vostro sostegno, del vostro aiuto concreto. Il ricavato delle donazioni verrà usato per rilanciare le attività, fare le manutenzioni dei terreni in concessione, avere cura delle nostre api, riavviare la somministrazione nel ristorante e riattivare tutti i lavoratori in attesa.
Per questo motivo abbiamo avviato una raccolta fondi su Facebook cui potete partecipare a questo link
Ci prepariamo a ripartire con coraggio e determinazione, sperando che questi momenti difficili possano passare presto.
E’ il senso di responsabilità, il prendersi cura l’uno dell’altro, che dovrà caratterizzare il tempo che verrà, nel garantire sicurezza e serenità per la clientela e per tutto lo staff. Siamo consapevoli che ce la faremo solo se sapremo volerci bene.
Ecco il pre spot ” Stiamo tornando…#vieniaprenderci”, primo step di questa campagna social sulla ripartenza, presentato su Facebook, Instagram e YouTube. Iniziamo il 12 maggio con il servizio da asporto
Le riprese sono di Miriam Salerno; le musiche di Abramo Laye Senè; la regia e il montaggio di Carmelo Roccaro
Il cibo che consumiamo ogni giorno arriva nel nostro piatto attraverso filiere di cui, troppo spesso, non conosciamo la natura. Siamo in grado di riconoscere quando, dietro quello che mangiamo, si nasconde lo sfruttamento di migliaia di braccianti?
Slow Food Youth Network Italia
Quello che sta accadendo in questo periodo coinvolge ogni ambito dei sistemi alimentari. Lo stiamo vivendo come consumatori: cambiamo i nostri acquisti, forse perché abbiamo più tempo per informarci o siamo costretti a maggiori ristrettezze, compriamo più conserve, più farina e dedichiamo più attenzione alla cucina casalinga.
Lo vedono i venditori nei mercati rionali, spesso costretti a chiudere per l’impossibilità di garantire la corretta distanza tra i clienti, e i ristoratori, ormai fermi da tempo.
Sanno che tutto sta cambiando anche i dipendenti della Grande Distribuzione Organizzata (supermercati, discount, ipermercati, ecc.), costretti a fronteggiare una mole di clienti sempre maggiore. Lo sa, ancora meglio, chi guida queste catene di distribuzione che ha colto l’aumento delle vendite come un’occasione per chiedere ancora di più al mondo della produzione (risale a pochi giorni fa l’articolo su «Internazionale», a cura di Fabio Ciconte e Stefano Liberti, sulle aste al ribasso praticate da Eurospin per l’insalata in busta), sfruttando anche la conoscenza approfondita che la Gdo ha dei suoi clienti.
L’industria alimentare comincia a dare segni di cedimento (secondo l’ultimo rapporto Ismea, numerose imprese hanno dovuto interrompere momentaneamente l’attività, per mancanza di servizi logistici, per carenza di personale o per l’impossibilità di rispettare le prescrizioni in materia di sicurezza e tutela della salute dei dipendenti) sapendo che, però, deve rendere conto a quanto richiesto dalle insegne della Gdo per non rimanere fuori da un mercato che appare totalmente controllato dai grandi gruppi della distribuzione.
Poi ci sono i produttori, gli agricoltori, gli allevatori che, nonostante tutto (mercato del turismo chiuso, mercati rionali chiusi, industria in affanno), devono continuare a raccogliere il frutto del loro lavoro. Ma come?
In effetti, ai problemi che da sempre riguardano la produzione agricola – schiacciata da un sistema alimentare che non tiene in considerazione le necessità e i diritti di imprenditori e braccianti – quest’anno si sommano le gravi ripercussioni della crisi sanitaria sulla manodopera.
Da un lato, la chiusura delle frontiere con l’Europa dell’Est ha determinato una carenza di braccianti stagionali che, in questo periodo, vengono in Italia. Dall’altro, migliaia di stranieri irregolari che, oggi, vivono negli insediamenti informali (diciamo veri e propri accampamenti dove vengono negati i diritti e dignità) nelle campagne italiane, necessitano di una regolarizzazione che li tuteli dal virus.
Sono i lavoratori che, come ogni anno, raccoglieranno il nostro cibo.
Ma come lo raccoglieranno, con quali tutele, ancora non è chiaro. Perché, oltre all’emergenza sanitaria, anche in questa stagione di raccolta gravi minacce incombono sui braccianti: lo sfruttamento e il caporalato.
Secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto, infatti, sono più di 400.000 i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale; di questi più di 132.000 sono in condizione di grave vulnerabilità sociale e forte sofferenza occupazionale.
Come se non bastasse, questi lavoratori, schiacciati da sistemi finalizzati a minimizzare i costi di produzione del nostro cibo, sono le potenziali vittime invisibili di questa crisi sanitaria. Le loro condizioni di vita e di lavoro, troppo spesso senza alcun diritto, sono determinate da un sistema che toglie valore al cibo che consumiamo o che desideriamo trovare pronto sugli scaffali dei supermercati.
Le ragazze e i ragazzi della rete giovane di Slow Food (Sfyn Italia) hanno deciso di approfondire il fenomeno raccontando le infiltrazioni delle mafie nell’agricoltura italiana, del fenomeno del caporalato e del suo impatto nelle zone coinvolte.
E in questo momento, in cui il freefrom guida le nostre scelte d’acquisto, possiamo affidarci a filiere virtuose che tutelino i diritti dei lavoratori agricoli. Abbiamo imparato a consumare cibi puliti e buoni con la nostra dieta targata Slow Food, ora dobbiamo scegliere il cibo giusto che sia Caporalato free.
Questi sono i temi della campagna #dietacaporalatofree, che nasce con l’obiettivo di far luce su questa situazione e sulla responsabilità degli attori delle filiere. Perché, in questo periodo, abbiamo più tempo per informarci, per approfondire e riflettere su quali economie sostenere con i nostri acquisti.
Vogliamo comprendere qual è il ruolo dei decisori politici, quali iniziative sono state messe in campo dalla società civile. Capiremo, con questa campagna, il valore politico delle nostre scelte quotidiane. Perché la nostra forchetta vale tantissimo e può liberare migliaia di persone dalla vergogna dello sfruttamento. Vogliamo soprattutto, unirci virtualmente (e speriamo presto fisicamente) a tutte e tutti i consumatori. Perché siamo noi, con le nostre scelte che possiamo davvero garantire un’Italia di diritti. Per tutte e tutti.
Mareme Cisse, che ha trovato il suo futuro nella città dei templi, ha vinto l’edizione “Campionato del mondo” che ha visto partecipare ristoratori stranieri
di ALAN DAVID SCIFO
Dal Senegal ad Agrigento per una nuova vita. Mareme Cisse, che ha trovato il suo futuro nella città dei templi, ha vinto l’edizione di “Cuochi d’Italia: campionato del mondo” su tv8 che ha visto partecipare ristoratori stranieri ma ormai “adottati” dall’Italia. Tra questi anche Mareme, già vincitrice dell’ultima edizione del Cous Cous fest di San Vito Lo Capo, il campionato del mondo della specialità che vede sfidarsi chef provenienti da ogni parte del mondo.
Nel programma condotto da Bruno Barbieri su Tv8, in poche puntate ha prima battuto uno chef spagnolo, vincendo anche in semifinale contro un concorrente francese, trionfando, proprio con la sua specialità, il cous cous, contro una concorrente cinese, il cui distacco finale è stato di un punto. Così la concorrente senegalese, ormai da tempo stabilitasi ad Agrigento dove ha avviato un rinomato ristorante (Ginger People e food), ha vinto il premio finale: 10 mila euro in gettoni d’oro. I suoi sorrisi, che la contraddistinguono, nascondono una storia travagliata, ormai alle spalle: da sola con 4 figli quando si era trasferita da poco ad Agrigento, la giovane senegalese non si è data per vinta e ha con la forza di una cooperativa ha avviato il suo ristorante, diventato uno dei più rinomati in Sicilia, facendo quello che più la faceva felice: cucinare.
Prima la vittoria al Cous cous fest, poi la vittoria al noto programma di Tv8, hanno fatto conoscere a livello nazionale e internazionale la cucina di Mareme, che mescola tradizione africana con le specialità siciliane (nell’ultimo piatto ha utilizzato il Nero d’Avola). La “sicilianità” è arrivata sullo schermo anche per quel che riguarda le divise indossate durante le tre puntate del programma dalla cuoca, cucite da una Anna Capodicasa, sarta di Joppolo Giancaxio.