Il Ristorante, inaugurato nel 2016, si trova nel centro storico di Agrigento, l’antica Girgenti araba e normanna, proprio di fronte ad un comodissimo parcheggio pluripiano dal quale si gode uno dei più bei panorami della Valle dei Templi e del mar Mediterraneo dalla città e sulla cui terrazza, d’estate, è possibile cenare.
Il progetto è portato avanti dalla cooperativa sociale Al Kharub, il cui obiettivo è quello di creare inserimento lavorativo per persone con svantaggio sociale tra cui persone con disabilità, migranti e rifugiati. La cooperativa conduce, inoltre, un’attività di apicoltura con l’Apis mellifera siciliana (ape nera sicula), un presidio Slow Food, il cui miele Diodoros, prodotto dalle api con i fiori della Valle dei Templi, è possibile degustare e acquistare presso il ristorante.
Il concept del progetto di ristorazione è quello di riscoprire le radici comuni tra la cucina siciliana e quella africana per sviluppare esplorazioni gastronomiche che, dalla tradizione e dai prodotti di qualità del territorio, possano deliziare anche i palati più esigenti e diffidenti. Non sfugge l’importanza dell’impatto sociale di questa attività che se da un lato offre un’immagine positiva e produttiva delle persone migranti, legata ad un sapere specifico, dall’altra diventa occasione per abbattere pregiudizi e diffidenze. Citiamo, a riguardo, un antico proverbio siciliano “a tavula è trazzera”, la tavola è una strada che unisce, estrema sintesi del nostro lavoro.
Da un punto di vista gastronomico, i nostri menù si caratterizzano per pietanze preparate con alimenti esclusivamente freschi e di stagione, con prodotti del territorio tra cui alcuni presidi slow food, e l’utilizzo di spezie provenienti da varie parti del mondo. Per questo motivo i nostri menù cambiano quasi ogni mese. Le pietanze, ovviamente, risentono delle tradizioni gastronomiche dell’Africa subsahariana e del Magreb oltreché di quella siciliana, sintesi di diverse culture tra cui quella araba berbera.
Specialità assoluta, il couscous, preparato come da tradizione, con semola di grano duro siciliano, lavorata a mano e cotta al vapore, un piatto adottato anche dalla cucina tradizionale siciliana del trapanese e che ben racchiude in se il significato del cibo migrante in una terra di frontiera come la nostra.